venerdì 1 agosto 2008

Gianluca Vialli - Il Bomber





Oggi è il turno di uno dei più grandi attaccanti italiani visti su un campo di calcio dopo il mitico Silvio Piola...colui che insieme ad un altro talento del calcio italiano tale Roberto Mancini, formò una delle piu belle coppie d'attacco degli anni 80/90 e facendo grande la Samp del mitico Boskov
Gianluca Vialli nasce a Cremona il 9 luglio 1964 e proprio nella squadra della sua città natale inizia la carriera, arrivando a disputare 4 campionati in prima squadra, contrassegnati da due promozioni: dalla C1 alla B nel 1980-81 e dalla B alla A nel 1983-84.

Nell’estate 1984 passa alla Sampdoria, con la quale esordisce in serie A il 16 settembre, proprio contro i grigiorossi: la partita si gioca a Genova e finisce 1 a 0 per i padroni di casa. Il suo arrivo coincide col periodo d’oro della società blucerchiata, ancora a secco di vittorie a livello nazionale ed internazionale: negli otto anni di permanenza conquista 3 Coppe Italia (1984-85, 1987-88 e 1988-89), una Coppa delle Coppe (1989-90), uno scudetto (1990-91) ed una Supercoppa di Lega (1991).
Si permette il lusso di dire “no” al Milan; tantissimi soldi alla Sampdoria ed un ingaggio da re.
Nel 1992 passa invece alla Juventus, vivendo quattro stagioni indimenticabili in maglia bianconera, vincendo nel 1992-93 la Coppa Uefa e proseguite con scudetto e Coppa Italia (1994-95) e Coppa dei Campioni (1995-96).
Vialli, all’inizio, vive Torino sognando Genova. Il mare di Nervi è tutta un’altra cosa rispetto al Po e la Juventus è molto lontana dal “pianeta-Samp”, dove Boskov lasciava vivere tranquillamente i giocatori. Nella sua seconda stagione in bianconero, soffre meno la mancanza del mare, ma subisce una serie incredibile di infortuni, tanto da mettere in discussione il prosieguo della carriera. In società parla di lui come di un “ex”, Trapattoni, quando emigra in Germania, è convinto che Gianluca sia un giocatore sul viale del tramonto.
Ma Lippi e la “cura” Ventrone lo rimettono in perfetta linea con le esigenze di un calcio atletico e tecnico al tempo stesso. Vedendolo tirato a lucido nel ritiro di “Villar Perosa”, l’Avvocato Giovanni Agnelli, rivolto a Lippi disse:
«Scusi, ma questo Vialli quando è arrivato alla Juventus era grasso come un tacchino, adesso è magro, bello, corre e segna. Cosa gli avete fatto ???»
Con la cura Lippi, Vialli ritrova lo scatto e quell’elasticità atletica che a Genova gli avevano permesso goals impossibili in acrobazia. A 31 anni vola prima sullo scudetto e poi sulla tanto agognata Coppa dei Campioni. Grande combattente e trascinatore, le tifoserie per le quali ha giocato hanno sempre riconosciuto in lui un esempio da additare agli altri e lo hanno perdonato nei periodi di cali di forma; uno degli ultimi modelli di “bandiera” di una squadra, di giocatore capace di trascinare undici giocatori con la stessa maglia alla ricerca di un unico obbiettivo: la vittoria.
Destro, sinistro, dribbling, testa, rovesciata. Luca segnava in ogni modo. È stato uno di quelli che ha cambiato il modo di giocare degli attaccanti italiani; la congiunzione tra la generazione dei Paolo Rossi e quella dei Totti.
Vialli ha sempre avuto un rapporto contraddittorio con la maglia della Nazionale: i vari C.T. che hanno allenato l’Italia non hanno mai potuto prescindere dalle sue grandi doti dinamiche ed esplose ma, alcune volte, è stato confinato in panchina, come ad esempio nei mondiali casalinghi del 1990, quello che dovevano rappresentare la sua consacrazione a livello mondiale, quando fu costretto a farsi da parte per lasciare spazio al momento magico di Schillaci; le sue caratteristiche naturali di grande leader in campo hanno sempre fatto di lui un personaggio scomodo per le squadre nelle quali ha militato, soprattutto in relazione agli allenatori: da ricordare a tal proposito il conflittuale rapporto con Arrigo Sacchi, alla guida della Nazionale dopo la gestione di Vicini.
Nel 1996 vola in Inghilterra, chiamato da Gullit, diventato allenatore/giocatore del Chelsea. Ma il “feeling” fra i due dura poco, tanto che Vialli viene escluso dalla formazione titolare. Umiliato ma non domo, Gianluca prepara, in silenzio, la sua rivincita, come aveva fatto l’anno in cui vinse lo scudetto con la Sampdoria, all’indomani dei deludenti Mondiali italiani. Con pazienza, aspetta il suo momento, che non tarda ad arrivare. La squadra londinese non gira e Gullit viene licenziato dal Chelsea, che, nel febbraio del 1998, rilancia Vialli. Nella doppia veste di giocatore/allenatore, guida il Chelsea alla conquista della seconda Coppa delle Coppe, dopo aver eliminato in semifinale il Vicenza dei miracoli di Guidolin. Nello stesso anno vince la Coppa di Lega inglese ed una Supercoppa Europea. Il tutto si aggiunge ad una Coppa d’Inghilterra cui aveva contribuito nel 1997 come centravanti.
Vialli sfiora anche la finalissima di Champions League, dopo aver fatto fuori la Lazio nei quarti, quasi fosse un’altra vendetta da consumare nei confronti delle squadre italiane. E torna persino ad indossare i panni del calciatore, sia pure come saltuariamente, per il suo derby personale con il suo grande amico Roberto Mancini, approdato anche lui nella terra di Albione.

Dopo l'esperienza al Chelsea, passa al Watford di Elton John, perché ci doveva essere un progetto, un’idea, un futuro, ma c’era solo un nome vuoto. Luca ha smesso di allenare lì, alla periferia della metropoli che adora. Ha cercato una squadra senza candidarsi davvero; desiderava che qualcuno dall’Italia lo chiamasse. L’hanno fatto, ma non quelle che avrebbe desiderato lui. Ha sperato nella Nazionale del dopo Lippi e nella Juventus del dopo Moggi. Non è andata, forse perché non è un tipo facile per una società, per un presidente e per un direttore sportivo, perché è popolare ed allora scomodo, perché dice di non aver avuto mai un padrone e, probabilmente, è vero.

1 commenti:

DIVERTIAMOCI ha detto...

anke NOI DELLA CAVESE abbiamo un vialli. IL GRANDISSIMO PEPPE AQUINO